Scampato pericolo per i prodotti agroalimentari italiani. Per il momento non saranno colpiti da nuovi dazi, ma la situazione resta difficile
Nessun nuovo dazio per i prodotti agroalimentari italiani (pat). L’amministrazione americana del Presidente Trump ha deciso almeno per il momento, di non apportare aumenti alle tariffe doganali già introdotte. Si erano, infatti, ipotizzati dazi fino al 100% del valore del prodotto.
Il lavoro fatto nei mesi scorsi dal Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova, dalle associazioni di categorie e dai Consorzi ha dato i suoi frutti. Nella lista dei prodotti non c’è stata, infatti, nessuna revisione in merito alle nostre eccellenze. Probabilmente avrà avuto effetto anche la visita a Washington del Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen per gettare le basi di un accordo che consenta di normalizzare le relazioni in campo commerciale, che aveva, appunto, l’obiettivo immediato di evitare l’inasprimento dei dazi doganali Usa sulle importazioni dalla Ue.
L’industria alimentare italiana è il 4° fornitore assoluto del mercato Usa, dopo Canada, Messico e Francia, e molto prima degli altri concorrenti inseguitori: Cina, Brasile. Gli Usa sono il secondo sbocco assoluto del nostro settore export food and beverage, dopo la Germania. E, in assenza di nuove turbative, potrebbero diventare lo sbocco estero numero uno.
Gli USA sono un paese strategico per il nostro export agroalimentare. Siamo al primo posto come importazione di prodotti esteri in US con la pasta, con il formaggio e in generale con il settore lattiero-caseario, ma anche con il vino, con la Francia alle calcagna, che ci superano in valore. Anche le carni preparate sono in crescita come le acque minerali e gassosi, appena in indietro il settore oli e grassi, dazi USA permettendo.
L’ufficio per il commercio Usa si riserva comunque di cambiare le merci colpite dalla tariffe con scadenza di 180 giorni. Restano in vigore i dazi del 25%, imposti lo scorso ottobre, su formaggi, salumi e liquori, ma le scure potrebbe calare anche su vino, olio e pasta.
Gli effetti negativi sulle esportazioni dei prodotti Made in Italy ci sono comunque stati, in particolare per Dop e Igp. Quelle, per esempio, di Parmigiano Reggiano e Grana Padano negli Usa sono dimezzate rispetto all’anno precedente. Questo, purtroppo, favorisce anche l’aumento dell’Italian Sounding, il fenomeno delle imitazioni dei prodotti italiani.
L’export dell’agroalimentare italiano vale nel suo complesso oltre 42 miliardi all’anno e gli USA sono il terzo partner dopo Germania e Francia.
Nel primo semestre del 2019, infatti, le esportazioni avevano fatto registrare un valore record di 21,4 miliardi (dati Istat sul commercio estero) e proprio negli Usa c’è stato un aumento dell’11%. Il vino, in particolare, ha registrato un vero e proprio record, con un aumento del 5,2% rispetto allo scorso anno, grazie all’incremento del 3,7% negli States, che sono il principale cliente.
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Ora è fondamentale non abbassare la guardia e proseguire il dialogo con il governo Trump per difendere i prodotti agroalimentari italiani e scongiurare scenari disastrosi. Anche perché è paradossale che l’Italia si ritrovi nel mirino dei dazi a causa della questione Airbus, a cui è totalmente estranea!
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