5 incredibili cose che non sapevi sulla Falanghina del Sannio

5 incredibili cose che non sapevi sulla Falanghina del Sannio

Simbolo di un territorio vocato alla viticoltura, il vino Falanghina del Sannio comprende diverse tipologie. Ma sei davvero sicuro di sapere tutto? Ti raccontiamo 5 curiosità per conoscerlo meglio

Un vino dal colore giallo paglierino e dal profumo intenso, la Falanghina del Sannio si produce nella provincia beneventana. Qui, con diecimila ettari vitati e settemilanovecento imprenditori, si producono anche altri vini di altissima qualità.

Il Sannio vive la sua viticoltura nel segno di una consolidata tradizione contadina, esaltando la vocazione di un territorio. Siamo in un’area che ha il più alto numero di terreni vitati e la strada che si percorre per arrivarci attraversa il territorio disseminato di vigneti a perdita d’occhio.

Se parliamo del vino Falanghina del Sannio ne esistono diverse tipologie: Bianco, Spumante, Passito e Vendemmia Tardiva. La Denominazione include anche varie specificazioni geografiche: “Guardia Sanframondi o Guardiolo”, “Sant’Agata dei Goti”, “Solopaca” e “Taburno”.

Ha ottenuto il riconoscimento DOP (Denominazione di Origine Controllata) nel 2011, mentre il Consorzio che tutela anche altri vini a denominazione di origine, è nato nel 1999. È stato riconosciuto come organo di tutela e valorizzazione nel 2005.

Ecco le 5 curiosità sulla Falanghina del Sannio che forse sapevi o forse no

Qual è l’origine?

La Falanghina è una varietà  di uva coltivata già ai tempi dei Romani. Il nome deriva forse da “falanga”, il palo utilizzato per mantenere i tralci, nel tipico impianto di allevamento dei Campi Flegrei. La seconda ipotesi si riconduce all’antico Falerno. Secondo questa ricostruzione, il termine Falanghina deriva dall’evoluzione del termine “falernino”. Ricordiamo che il vino Falerno è stato il più conosciuto dell’Antichità, esaltato da scrittori, imperatori e poeti. Infatti era elogiata da Plinio il Vecchio è considerata il vino degli imperatori. Si narra che era  sempre presente sulla tavole della corte reale di Napoli e addirittura essere inserita nella prestigiosa carta dei vini papale. Alcuni studiosi sostengono che l’uva falanghina dei Campi Flegrei coltivata nell’antica Puteoli sia addirittura la progenitrice del vitigno da cui si ottiene il Tokay Ungherese. Localmente il vitigno viene indicato anche come Falanchina, Falernina o Uva Falerna.

Circa la coltivazione nel Sannio non esistono fonti storiche certe. In base ai ritrovamenti effettuati ed a studi realizzati la coltivazione della vite nella provincia di Benevento ha origini antiche, risalenti al II secolo a.C. Le prime notizie compaiono nei trattati di agricoltura a metà ‘800. Da questo studio si evince che la provincia di Benevento produceva vini che soddisfacevano le diverse richieste del mercato. Il vitigno, pur diffuso sul territorio da epoca antica, ha trovato la piena valorizzazione solo negli ultimi decenni del ‘900. La sua riscoperta e successiva diffusione in provincia di Benevento, inizia negli anni settanta nella zona di Sant’Agata dei Goti.

Tra i due litiganti, Campi Flegrei e Sannio Beneventano, circa l’origine della storica falanghina, da qualche anno si è inserito un terzo contendente, la Falanghina di Bonea, che poi è la zona da cui proviene la quasi totalità  delle marze (per innesti) piantate in Campania.

Dove si produce?

La Falanghina si adatta a diversi tipi di terreni, ma la qualità viene esaltata nelle zone collinari e predilige climi caldi e asciutti. Si avvantaggia notevolmente delle forme di allevamento a portamento verticale, in particolare del Guyot. Esistono diversi ecotipi ma in Campania sono coltivate essenzialmente due varietà di uva Falanghina: quella dei Campi Flegrei e/o del Litorale Flegreo, diffusa prevalentemente in provincia di Napoli, e quella del Sannio, che comprende tutto il territorio della provincia di Benevento. La falanghina rappresenta il vitigno prevalente nella base ampelografica di numerosi vini DOC campani. L’area del beneventano può essere considerata in Campania come quella dove il processo di ammodernamento dei vigneti è stato più intenso e radicale. La zona del Sannio è, nel complesso, collinare, che poi degrada a fondovalle. I sedimenti sono caratterizzati da arenarie e da argille su entrambi i versanti del Massico, un’area fortemente vocata alla coltivazione della vite. Il clima è mite, abbastanza piovoso, con inverni più freddi, soprattutto nelle zone alte, ed estati miti, caratteristiche climatiche particolarmente favorevoli alla coltivazione della vite.

Come si fa?

Secondo il disciplinare i vini Falanghina del Sannio sono ottenuti da uve provenienti da vigneti Falanghina minimo per l’85%. Per la restante parte possono concorrere altri vitigni a bacca bianca non aromatici, idonei alla coltivazione nell’ambito della provincia di Benevento, da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 15%. Tutte le operazioni devono essere effettuate all’interno del territorio della provincia di Benevento e nel territorio amministrativo dei comuni compresi per le sottozone. È vietata ogni aggiunta di mosti concentrati. Il vino non deve essere immesso al consumo prima del 1 giugno dell’anno successivo la vendemmia. La falangina del Sannio Spumante è ottenuto con il metodo della rifermentazione in autoclave, lo Spumante di qualità con il metodo della rifermentazione in bottiglia.

Come si riconosce la Falanghina del Sannio DOC?

Ha un colore giallo, dal paglierino al più intenso, a seconda della tipologia. L’odore è fine, floreale e fruttato. Il sapore è fresco e armonico e, comunque, dipende dal tipo. In merito all’etichetta sulla bottiglia, come per gli altri vini a Denominazione di Origine, sulla fascetta numerata del poligrafico, posta sul collo della bottiglia compare il marchio DOC. Occorre puntualizzare che mentre per i vini DOCG la fascetta è obbligatoria, per il vini a Denominazione di Origine Controllata è facoltativa. Va un plauso alla scelta del consorzio di tutela di aver richiesto la fascetta obbligatoria per la DOC che sicuramente aiuta i consumatori nell’identificare facilmente il vino sugli scaffali.
È vietato l’uso di qualificazioni diverse da quelle previste dal disciplinare, compresi gli aggettivi extra, fine, riserva, scelto, vecchio, selezionato e similari. È consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati. Può figurare la specificazione del nome della sottozona e deve sempre figurare l’indicazione dell’annata di produzione delle uve, ad eccezione delle tipologie spumante.


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Quali sono le caratteristiche delle varie tipologie di Falanghina del Sannio?

La Falanghina del Sannio ha colore giallo paglierino, odore floreale e fruttato e un sapore secco, fresco, equilibrato. Grado alcolico di 11,00% vol., 11,50% vol. per le sottozone.

La Falanghina del Sannio Spumante ha un colore paglierino, con eventuali riflessi verdolini o dorati. L’odore è floreale, fruttato e fragrante e il sapore è fresco e armonico. Grado alcolico di 11,50% vol., 12,00 % vol. per le sottozone. Può presentare anche le versioni: Spumante di Qualità e Spumante di Qualità Metodo Classico.

I vini Falanghina del Sannio DOP Spumante e Sannio DOP Spumante di Qualità devono essere ottenuti con il metodo di rifermentazione in autoclave. Il vino Sannio DOP Spumante di Qualità è ottenuto attraverso la tradizionale rifermentazione in bottiglia e deve permanere sui lieviti di fermentazione per almeno 12 mesi, a decorrere dal 15 novembre dell’anno di produzione delle uve.

La Falanghina del Sannio DOP Vendemmia Tardiva è di colore giallo paglierino più o meno intenso tendente al dorato. Il profumo è floreale, fruttato e composito e il sapore è secco, pieno ed equilibrato. Grado alcolico di 13,00% vol. 13,50% vol. per le sottozone.

La Falanghina del Sannio DOP Passito è un vino dolce dal colore giallo dorato, tendente all’ambrato. L’odore è intenso e persistente. Grado alcolico di 16,00% vol., 16,50% vol. per le sottozone. Si ottiene da uve sottoposte, in tutto o in parte, sulle piante o dopo la raccolta, all’appassimento. Non deve essere immesso al consumo prima del primo giugno dell’anno successivo alla produzione delle uve.