Cipolla di Alife, il ritorno trionfale della regina degli orti casertani

cipolla di alife

La coltivazione della cipolla di Alife è antichissima. È tornata trionfante negli orti alifani e custodisce la tradizione e l’identità della cultura del posto. Sapreste ‘nzertarla?

I bulbi della cipolla di Alife sono antichissimi, risalgono al dominio in epoca romana e per molti anni hanno rappresentato il sostegno all’economia del paese. La coltura della cipolla è stata l’attività principale, tanto che gli abitanti di Alife sono soprannominati cipollari. L’analogia non si riferisce solo alla coltivazione del prodotto, ma anche alla natura dei cittadini, considerati persone genuine, semplici ma dal temperamento forte.

La coltivazione delle cipolle era affidata ai “cannavinari”, termine che indicava gli orticoltori di Alife che coltivano un piccolo appezzamento terreno molto fertile, la “cannavina”, poi, come è successo per molte altre produzioni, l’allontanamento dalla terra ne ha minacciato l’estinzione. Il seme era custodito solo da pochissime famiglie di Alife che le coltivavano ormai solo per il proprio consumo, ma grazie alla tenacia di chi non è riuscito a lasciar andare la tradizione, è tornata in auge la sua coltivazione. Ne è testimonianza la storia di una giovane Antonietta Melillo che ha deciso di chiudere un’attività del settore dell’abbigliamento per abbracciare la coltivazione della cipolla di Alife, di cui aveva ricevuto in dono il quasi introvabile seme. E grazie a iniziative come questa che la cipolla di Alife è stata recuperata e dal 2015 è diventata Presidio Slow Food.

Ma qual è la sua origine?

La cipolla è tra gli ortaggi più antichi consumati dagli uomini. Già nell’antichità i bulbi rappresentavano un cibo molto apprezzato, soprattutto dagli Egizi. Sembra infatti che rientrassero nell’alimentazione degli operai che costruivano le piramidi. Erano oggetto di culto perché gli anelli all’interno venivano associati ai cerchi concentrici della vita eterna, e per questo erano lasciate nelle mani dei defunti come lasciapassare per l’aldilà. Alessandro Magno impose alle truppe di cibarsene per accrescere il loro valore. Sono i Greci poi che le introducono in Europa.

Gli atleti, soprattutto, mangiavano cipolle in grandi quantità, poiché si credeva che esse alleggerissero il sangue. I gladiatori romani si strofinavano il corpo con cipolle per rassodare i muscoli.

Quando Alife passò sotto la dominazione longobarda la cipolla viene poi utilizzata come dono o tributo per pagare gli affitti. I medici prescrivevano le cipolle per alleviare le emicranie, per curare i morsi di serpente e come rimedio alla perdita dei capelli.  Fino alla fine del Novecento è stata la pianta da orto più coltivata, sia per le qualità organolettiche che per l’alto contenuto di sali, vitamine e principi antibiotici. È dagli anni Ottanta che si è corso il rischio che si estinguesse, mentre oggi la cipolla alifana è un presidio Slow Food, e insieme a quelli del lupino gigante di Vairano e dell’oliva caiazzana, fa parte del progetto “Presidio della Biodiversità dell’Alto Casertano”.


leggi anche: 5 incredibili cose che non sapevi sulla Cipolla Ramata di Montoro

Come si coltiva e come si ‘nzerta la cipolla di Alife

Come vuole la tradizione il ciclo produttivo della cipolla di Alife comincia tra febbraio e marzo, nella fase della luna calante. Vengono scelti i bulbi migliori che vengono piantati e lasciati spigare (allungare nella cima) per poi ottenere i semi da coltivare. A settembre avviene la vera semina, fatta a mano, distribuendo le sementi sulle strisce di terreno. Quando poi iniziano ad uscire le piantine, vengono sradicate, raccolte in mazzetti e trapiantate in file parallele una dopo l’altra. Gli agricoltori poi zappettano il terreno circostante e le annaffiano fino al momento della raccolta, che avviene tra luglio e agosto. Una volta estratte, le cipolle vengono lasciate sul terreno affinché si asciughino un po’, coperte dalle stesse foglie che offrono loro protezione.

Una volta che il gambo si secca, arriva il momento in cui prende vita la tradizione antica, l’arte di “nzertare”. Affinché si conservino bene, le cipolle vengono intrecciate con fili di ‘oglie, una graminacea alta fino a due metri con uno stelo di circa un centimetro di diametro, raccolta nelle zone paludose, che viene fatta essiccare al sole. I contadini fanno ben attenzione che le cipolle non dondolino, cosa che potrebbe rovinarle.

Come si riconosce l’autentica cipolla di Alife?

La cipolla di Alife è di colore ramato intenso, ha forma sferoidale ed è fortemente schiacciata ai poli. La pezzatura media si attesta tra i 200 gr fino a 400 gr. Possiede delle proprietà organolettiche peculiari donate dal territorio della pianura casertana. Il suo sapore è dolce, intenso, aromatico e non acre. La consistenza è ottima, la sua polpa croccante e soda, bianca con sfumature violacee.

Si differenzia dalla anche famosa cipolla di Montoro per il colore della buccia. Quest’ultima è rivestita da catafilli di colore interno viola sfumato e ramato all’esterno, mentre la cipolla di Alife tende più ad un ramato vivace.

E ancora curiosità…

Anche nel campo della medicina la cipolla riveste la sua importanza per le sue proprietà diuretiche. È inoltre utilizzata come principio attivo di alcune creme cicatrizzanti; è in grado di diminuire notevolmente lo spessore delle cicatrici provocate dalle smagliature.

Anche per la cipolla di Alife si può lacrimare quando la si affetta. Per evitare la lacrimazione durante il taglio, basta tenerla immersa, durante la sbucciatura, in una bacinella piena di acqua. Oppure in freezer per 10 minuti e bagnare spesso il coltello.

Da queste cipolle viene fatta anche una deliziosa crema di cipolle di cui va matto anche Franco Pepe, il maestro della pizza del casertano che la usa proprio come condimento per una delle sue pizze.

Un piatto tipico della tradizione di Alife è la cipollata, un piatto povero di ingredienti ma ricco di gusto. Ma con la cipolla di Alife si può ottenere una Genovese con i fiocchi e il segreto per renderla più digeribile è aggiungere foglie di alloro. Necessitano di essere assaggiati anche le pennette alla San Sisto, le cipolle alla Contadina e la frittata di cipolle. Il suo sapore è così dolce che può essere consumata anche a crudo nell’insalata.

 

La storia della cipolla di Alife è il simbolo della rivincita dei prodotti tipici locali e merita di essere raccontata con le dovute parole, che disegnino il magico e caldo ritorno a qualcosa di antico, autentico, genuino.

 


Questo prodotto lo puoi trovare sull’app gratuita Authentico Made in Campania, un progetto della Direzione Generale delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali della Regione Campania, in collaborazione con Authentico, per la promozione e la tutela delle eccellenze gastronomiche della Campania.