Foodies: i nuovi sostenitori del Made in Italy

foodies gourmet

La passione per il cibo, il tema preferito dagli italiani, quasi un’ossessione, conosce sempre nuovi sviluppi. Ma chi sono i foodies, e soprattutto, come stanno cambiando l’approccio dell’industria alimentare?

Forse dalla prima trasmissione del talent show culinario d’origine britannica MasterChef, ormai 10 anni fa, il cibo in Italia è tra i trend più argomentati, fotografati e condivisi sui social, protagonista indiscusso in programmi televisivi, sul web e anche a tavola, dove gli italiani amano parlare di cibo. Di certo hanno avuto un ruolo fondamentale tutti i format sviluppati sulla cucina (appunto MasterChef Italia), la presenza massiccia di chef in televisione, l’impennata che avuto l’editoria in questo settore. Le conseguenze hanno avuto un impatto anche sulla scelta dei percorsi di studio, con un aumento delle iscrizioni agli istituti alberghieri (prevalentemente per la figura di Chef) e alle facoltà di agraria. Anche nel mondo del lavoro: il 54% dei giovani ambirebbe a lavorare in ambito agricolo e il 50% considera il lavoro del cuoco uno sbocco sicuro. In ogni caso il cibo si fa esperienza, e nascono nuove figure di appassionati, i foodies, scopritori e valorizzatori di prodotti, di territori e di luoghi di ristorazione.

Cosa significa foodies?

Il termine foodies viene utilizzato per la prima volta da Paul Levy e Ann Barr, che nel 1984 pubblicano il libro “The Official Foodie Handbook”, è da qui che si è sviluppato questo fenomeno che, oggi, attraverso i social è ancora più diffuso. I foodies influenzano anche il settore dell’industria alimentare che si adegua sempre più alla loro visione, incentrata sul made in Italy, ma anche sulla trasparenza.

Ma chi sono i foodies?

Il foodie è un appassionato di cibo. Non è un vero e proprio gourmet, sebbene quest’ultimo rientri nella categoria dei foodies. Ci sono infatti differenze tra le due tipologie. Il gourmet è molto selettivo nei confronti della qualità (aspetto che si è acuito con la crisi pandemica), della mise en place e della location. È curioso e informato su tutti i processi di cottura delle pietanze e anche riguardo lo chef che le ha preparate.

Dispone di conoscenze pregresse rilevanti e fa del mangiare un’esperienza unica. Diversamente, il foodie, ha un approccio più amatoriale, ma pur sempre da intenditore. È sempre alla ricerca di informazioni e si affida ai sensi, basando la sua esperienza su ciò che guarda, sull’odore e sulla percezione tattile. Ama mangiare e include tutte le sfaccettature legate al cibo, dalla spesa alle riviste di settore, naviga su internet alla ricerca di novità e informazioni, sperimenta nuove ricette. Fa della cucina il suo universo, sempre alla scoperta della valorizzazione dei prodotti e del territorio. Spesso può essere confuso con il food blogger o food influencer.


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Le tipologie di foodies

Diversi modi di vedere il cibo sviluppano diverse personalità: c’è il foodie istituzionale, che preferisce la cucina tradizionale, è poco incline alle evoluzioni e difende a spada tratta i propri principi riguardo il cibo, e c’è quello alternativo, che ama invece sperimentare ed è aperto alle novità, sempre alla continua ricerca di nuove tendenze. Si sviluppano così diversi tipi di foodies:

veraci, che sono i più tradizionali, non guardano all’estetica del piatto ma alla sostanza;

gourmet, che fanno riferimento all’alta cucina e sono veri e propri edonisti del cibo;

foodster, che rompono i classici canoni culinari, prediligendo le contaminazioni tra le culture. Sono quelli dalle spiccate doti sociali;

Infine, critical, che fanno scelte basate sulla sensibilità etica, con un forte interesse per le materie prime e la filiera di ciò che arriva in tavola.

I foodies possono cambiare il modo in cui si pensa al cibo?

La risposta potrebbe essere sì, e non è detto che ciò possa essere un male. Le aziende alimentari sono molto attente ad interpretare i bisogni di queste nuove personalità del cibo. I foodies sono molto inclini alla naturalità, e propendono per un’estetica anti-industriale, che esprimono nelle iniziative di autoproduzione, nell’attenzione alle materie prime e alla loro selezione. Sostengono fortemente il territorio con la valorizzazione del Made in Italy, e lo fanno con un forte orientamento autarchico. Più interessati alla qualità dei prodotti, all’origine, al modo in cui vengono processati, chiedono trasparenza e certezze.

La nuova concezione del cibo

Il fatto che il cibo non abbia solo un valore funzionale, ma diventi un elemento di realizzazione di se stessi, introduce poi il concetto di foodtelling. Sia da parte dei brand, che dal lato di chi è appassionato di cibo, cambiano i paradigmi della comunicazione dell’esperienza del mangiare. Attraverso un piatto si racconta un momento di condivisione e ci si indentifica in un determinato gruppo sociale. Ecco allora che tutto è condiviso sui social, e, in questo caso, Instagram spopola. Sulla  piattaforma si conta un vero esercito di Foodies che attraverso contenuti rilevanti e coinvolgenti, sono riusciti via via ad assumere il ruolo di Influencer, conquistando l’interesse di milioni di follower. Tant’è che sono sempre più ingaggiati dai brand di settore che propongono loro di pubblicare post dedicati ai propri prodotti.

Una riflessione però va fatta: è possibile che il ritorno a certi valori come la trasparenza, il Made in Italy, e l’interesse verso le materie prime, che dovrebbero essere fondamentali a prescindere dal trend del momento, per le industrie alimentari siano dettati solo da indagini di mercato?


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