Cambiamento climatico, quali cibi diventeranno un lusso?

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Il cambiamento climatico fa impazzire i prezzi. Le quotazioni di zucchero e caffè sono un’incognita dettata dalle condizioni metereologiche. Il clima creerà nuovi lussi gastronomici?

Un abbattimento del 40% del raccolto di grano in Canada e in USA sta condizionando il mercato mondiale del grano con i prezzi che sono saliti alle stelle. Sono tanti i prodotti che adesso troviamo facilmente in tutti i supermercati, a prezzi abbastanza accessibili e in grande quantità, come la pasta, che rischiano di essere introvabili o molto costosi.

Il cambiamento climatico, e il conseguente moltiplicarsi di fenomeni come l’innalzamento della temperatura, la siccità, i parassiti e le alluvioni cambierà le sorti del loro posizionamento nel mercato.

Zucchero e caffè potrebbero avere nel 2022 un aumento dei prezzi non poco rilevante. “I timori legati alle condizioni meteorologiche restano in primo piano e potrebbero alimentare volatilità, a causa degli impatti più gravi e meno prevedibili di cambiamento climatico e riscaldamento globale sul settore”.

In particolare, le previsioni del prezzo del caffè dipendono su grande scala dalla “significativa scarsità di offerta sul mercato”. Questo è quanto dichiara Daniela Corsini, Economista sui Mercati delle Materie Prime di Banca Intesa San Paolo, che ha condotto uno studio sulle commodity.

Dello stesso avviso l’Organizzazione Internazionale del Caffè (Ico) che sottolinea una doppia concomitanza di fattori: una diminuzione della materia causata da una maggiore domanda globale contro la diminuzione della produzione dei principali Paesi che esportano i chicchi di caffè.

Quali alimenti stanno subendo il cambiamento climatico?

A rischio anche lo zucchero. “Quest’anno – mette in luce lo studio sulle materie prime – anche i mercati dello zucchero hanno sofferto per condizioni meteo estreme. In particolare, le gelate che hanno colpito il Sud America hanno danneggiato i raccolti in Brasile e hanno alimentato timori sulla carenza di offerta mondiale”.

Come se non bastasse, un elevato prezzo del petrolio, rispetto ai minimi che erano stati toccati nel 2020 con l’arrivo della pandemia, “ha incoraggiato i produttori brasiliani a trasformare canna da zucchero in etanolo piuttosto che in zucchero raffinato”.

L’unica speranza, stando alla stima dello studio Intesa, è che nel 2022 le quotazioni potrebbero scendere perché i mercati nei prossimi trimestri dovrebbero divenire progressivamente meno tesi, trainandosi dietro anche i prezzi del caffè.


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Stesse sorti per cacao, vaniglia, zafferano e carne

Anche le spezie, per secoli protagoniste di traffici e rotte commerciali in tutto il mondo, sono minacciate da siccità, umidità e aumento delle temperature, che favoriscono parassiti, come gli afidi.

In Kashmir il raccolto dello zafferano è ad alto rischio; in Madagascar, patria della vaniglia, un ciclone di forte intensità nel 2017 ha ridotto del 30% i raccolti, facendo lievitare il prezzo sopra i 600 dollari al chilo, prezzo superiore a quello dell’argento.

Il cacao è tra i prodotti che rischiano maggiormente un’ascesa dei prezzi. L’aumento delle temperature potrebbe rendere difficile la coltivazione nei principali paesi produttori.

La carne invece merita un discorso a parte, perché è ormai opinione condivisa che il suo consumo possa diventare socialmente inaccettabile, dati i costi ambientali associati all’allevamento e alla produzione.

Per decenni i sovvenzionamenti agli allevamenti hanno contribuito a rendere il costo della carne accessibile, e questo ne ha aumentato notevolmente il consumo, con conseguenze ormai sotto gli occhi di tutti.

Il cambio della percezione delle materie prime

Il rischio dell’impoverimento delle materie prime porterebbe a far cambiare la percezione degli alimenti.

È quanto accaduto per le ostriche, considerate prima buone come mangimi per animali e come addensanti per torte e stufati in Inghilterra, salvo poi, a causa dell’inquinamento delle coste conseguente allo sviluppo industriale, diventare rare e per questo molto costose.

O come gli astici, che negli Stati Uniti erano destinate a cibo per prigionieri in carcere ma che iniziarono ad essere richiesti dai passeggeri facoltosi in viaggio sulle prime tratte ferroviarie. Sorte inversa per il salmone che grazie all’aumento degli allevamenti è passato dall’essere un cibo di lusso a merce più accessibile.


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C’è una soluzione alimentare al cambiamento climatico?

Occorrerebbe che il cibo avesse un prezzo reale in base all’impatto sul clima che deriva dalle coltivazioni o dagli allevamenti. Beni che incidono sulle tematiche ambientali potrebbero essere tassati in maniera specifica in modo da contenere i consumi e rimediare ai danni associati.

Si riuscirà a dare un prezzo ai danni causati all’ambiente, e soprattutto, si alleggerirà la nostra coscienza?