Vinitaly 2018: si apre col sorpasso del vino italiano su quello francese in USA

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L’edizione numero 52 del Vinitaly, il più grande salone al mondo di vino e distillati, apre con una notizia bomba. L’Italia nel primo bimestre 2018 sorpassa il principale competitor mondiale e balza al primo posto nella classifica import USA, superando la Francia. Le nuove prospettive per l’export del vino italiano

Nel primo bimestre 2018, secondo i dati raccolti da Nomisma Wine Monitor su base doganale, l’import di vino italiano in USA è cresciuto del 3,8%, superando dello 0,4% la Francia. Anche se si tratta di un dato parziale, come precisa Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, c’è grande fermento ed entusiasmo tra le aziende e gli operatori del settore. Il Vinitaly quest’anno apre con un brindisi tutto italiano, le nostre bollicine hanno messo a punto un +18,3%, battendo addirittura anche lo Champagne, che invece perde il 23,1%. Come evidenziato anche da il Sole 24 Ore, questa performance, è ancora più significativa considerato il contesto non positivo della domanda statunitense nel primo bimestre, dove le importazioni di vino sono diminuite del 2,3%.

Non a caso, l’evento inaugurale della famosa Fiera di Verona, che vedrà la partecipazione del vicepresidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro, del direttore dell’Agenzia Ice di New York e Coordinatore della rete Usa, Maurizio Forte, e del responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini, si intitola “Il futuro dei mercati, i mercati del futuro: Italy first negli Stati Uniti?”

Nel 2017 il fatturato estero dell’Italian wine (spumanti inclusi) ha raggiunto i 5,93 miliardi di euro (+6,2%)

L’Italia ha messo il turbo, e il propellente si chiama Prosecco. Nel 2017 le vendite oltreconfine di spumanti hanno segnato un balzo del +13,6%, superando la soglia degli 1,36 miliardi di euro. Con una stima di 480 milioni di bottiglie (tra Prosecco, Trentodoc, Franciacorta e Asti): in particolare, di 420 milioni di Prosecco prodotte, di cui 300 milioni spedite oltre frontiera.

«L’Italia – dichiara Danese, presidente di Veronafiere – è una superpotenza enologica ma il record commerciale segnato nel 2017 (+6,2 per cento per un valore di 5,9 miliardi di euro, ndr) dimostra che cresciamo più nella qualità in vigna e in cantina che nel valore sui mercati. Per questo il nostro obiettivo dichiarato è quello di essere sempre più strumento business per le imprese del comparto».

Osservando le curve di crescita dell’ export, si evidenzia che il valore non cresce rispetto ai volumi. Dal confronto con il nostro principale competitor, che ha un prezzo medio di 9,7 euro al litro, noi ci assestiamo a 4,9 euro.

Quali le prospettive per i prossimi 5 anni

L’indagine VINITALY – NOMISMA WINE MONITOR: IL FUTURO DEI MERCATI, I MERCATI DEL FUTURO, fotografa il nuovo assetto dei mercati enologici globali. L’Italia cavalca e trascina l’onda dei consumi di sparkling wine nel mondo: +240% in 10 anni, contro la media mondiale a +50%. Se attualmente i principali mercati di destinazione dell’export italiano di vino sono gli USA, seguiti da Germania e Regno Unito, nei prossimi cinque anni, la geografia dei consumi cambierà. Mentre sono in stagnazione i mercati di UK e Germania, secondo Wine Monitor, aumenteranno le esportazioni in Cina (+38,5%), Russia (+27,5%), Usa (+22,5%) e Giappone (+10%), complice l’escalation del Pil pro-capite, che nel Paese del Dragone è atteso in crescita addirittura del 10,6% (come aveva annunciato due anni fa, proprio al Vinitaly, Jack Ma proprietario di Alibaba). In Cina si gioca la partita più importante per il vino italiano (attualmente la quota export è del 6-7% contro la Francia che supera il 40%) senza dimenticare che in Cina si stanno impiantando migliaia di vigneti.

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Tuttavia, bisogna ricordare che nonostante le buone performance e il posizionamento nella classifica mondiale dell’esportazione del vino, siamo ancora distanti come valore dalla Francia.

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Fonte: FOOD – DOSSIER VINO Aprile 2018

“Motivi strutturali, geopolitici, ma anche di marketing e commerciali – afferma Danese –, siamo ancora troppo poco organizzati e decisivi nel posizionamento di un prodotto il cui vero discriminante sarà sempre più quello del prezzo e non del volume, che non è certo illimitato. Oggi per sopperire al nanismo delle nostre imprese e per penetrare nei mercati più lontani da noi sul piano delle affinità culturali serve un brand ombrello e una struttura qualificata in grado di accompagnare nel mondo non le singole aziende ma tutto il Made in Italy enologico con modalità aggregative”.

Per dare maggior valore al principale asset del nostro export agroalimentare c’è necessità che i produttori lavorino non solo in vigna e in cantina ma anche sui mercati, avvalendosi di esperti di marketing 4.0, sfruttando al meglio le potenzialità della rete e i nuovi trend del consumo.

Trasparenza e garanzia di provenienza sono ormai un must. Il 71% dei consumatori è disponibile a riconoscere un premium price per gli acquisti nel food & wine purché soddisfino queste caratteristiche

Riuscire a far conoscere le nostre numerose eccellenze e promuovere i vini italiani sui nuovi mercati non sarà cosa semplice. Ѐ necessaria coesione, organizzazione ed una strategia mirata. C’è inoltre da combattere il fenomeno della contraffazione e dell’imitazione di prodotti Made in Italy, il cosiddetto Italian Sounding, che ogni anno ci sottrae ingenti quote di mercato, ma soprattutto mette a rischio la reputazione dei prodotti enogastronomici italiani. Insomma la strada è ancora lunga e tutta in salita, ma i presupposti, come la grande qualità, ed un rinnovato entusiasmo ci lasciano ben sperare.

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