L’export agroalimentare italiano corre più dei competitor. I prodotti italiani conquistano nuovi paesi in cui bisogna innalzare la soglia di attenzione sull’originalità. Authentico si rivela lo strumento più efficace per i consumatori
Nel mondo è scoppiata la febbre da cibo italiano. I prodotti del Bel Paese piacciono sempre di più e conquistano giorno dopo giorno paesi e consumatori nuovi. Come in Messico, dove l’ export agroalimentare italiano cresce del 23% o la Corea del Sud (+20%), la Romania (+13%) o della Polonia (+8%), dove negli ultimi cinque anni le importazioni di food&beverage dal nostro Paese sono aumentate del 46%, grazie al considerevole aumento dei redditi pro-capite. Paesi in cui il boom di richiesta di cucina italiana inevitabilmente farà aumentare il fenomeno dell’Italian Sounding, sia localmente che a livello globale. Perché dove c’è richiesta di prodotti agroalimentari italiani arrivano subito gli specialisti delle imitazioni. L’unica arma in mano ai consumatori di tutto il mondo contro i fake, i prodotti alimentari contraffatti, è la comunicazione. Che è il punto di forza di Authentico, la migliore soluzione gratuita contro l’Italian Sounding sia per i consumatori che, grazie all’app possono scoprire l’autenticità del prodotto prima di acquistarlo, sia come supporto per le imprese che esportano. Con Authentico basta una semplice scansione del codice a barre presente sulla confezione per sapere se il prodotto è originale o un falso.
Dunque, nonostante l’inasprimento dei dazi, il ritorno al protezionismo, le minacce di non ratificazione degli accordi di libero scambio e la Brexit alle porte, l’export agroalimentare dell’Italia nei primi 6 mesi del 2018 continua a correre mettendo a segno un +3,5% rispetto all’anno precedente. Il nuovo scenario dell’export agroalimentare italiano emerge dall’Agrifood Monitor di Nomisma e CRIF su dati delle Dogane.
Se negli Usa, a causa delle restrizioni volute dal Presidente Trump, le importazioni totali di prodotti agroalimentari hanno fatto registrare (a valore) un calo del 4% nel periodo analizzato, quelle dal nostro Paese sono invece cresciute del 4,5%. Trend analogo in Canada: a fronte di una riduzione dell’import agroalimentare complessivo del 6,8% quello dei prodotti italiani è aumentato del 4%. Farebbe bene a pensarci su 2 volte il Governo prima di non ratificare il CETA.
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In Europa l’Italia è seconda solo alla Francia per aumento dell’export. Si registra un incremento dell’import agroalimentare made in Italy del 2,6% nel Regno Unito (rispetto ad un -2,4% a livello totale) mentre in Germania le importazioni di vino e cibo italiano sono cresciute del 5,8%.

Spostandosi a Est, infine il Giappone, con il quale si è appena chiuso l’Accordo di Partenariato Economico (Jefta) l’import dal nostro paese è cresciuto del +1,6% contro una riduzione complessiva del 5,3%. In Cina l’incremento è del 14,3% ma il dato è relativo al primo trimestre 2018.
L’occasione per fare il punto della situazione sull’andamento dell’export italiano nel mondo sarà il 28 settembre a Bologna dove è in programma il Forum Agrifood Monitor 2018. Il Forum si propone di esaminare due temi: i possibili effetti derivanti dalla Brexit sul sistema agroalimentare italiano e l’analisi del posizionamento, la reputazione e la percezione del food&beverage (in particolare i salumi made in Italy) presso il consumatore polacco.
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