Se temete gli effetti del glifosato non avete idea dei danni del suo sostituto, il diquat

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Il veleno silenzioso che arriva dall’America: diquat, il diserbante 200 volte più tossico del glifosato che contamina i nostri piatti. Un’inchiesta esclusiva rivela come questo diserbante vietato in Europa continui a raggiungere le nostre tavole attraverso le importazioni alimentari

di Teresa Borriello

Un acceso confronto è scaturito nella comunità food dalla pubblicazione di una serie di ricerche, apparse di recente sulla pubblicazione scientifica “Frontiers of Pharmacology”, concernente le ripercussioni del diquat sugli esseri umani e sugli ecosistemi.

Il diquat è un diserbante (erbicida) e diseccante (usato per accelerare artificialmente il processo di essiccazione delle piante prima della raccolta), appartenente alla categoria dei bipiridili, largamente impiegato sulle colture di patate, cereali, legumi, colza e girasole, riso, frutta e ortaggi – negli Stati Uniti, in Canada ed in altri paesi extra UE.

La storia del disquat inizia con una decisione che sembrava saggia: sostituire il glifosato, classificato dall’OMS come “probabile cancerogeno per l’uomo”, con alternative apparentemente più sicure. Ma quello che è accaduto rappresenta un perfetto esempio di come l’industria agrochimica riesca sempre a trovare scappatoie, spesso peggiorando la situazione. Bayer, il colosso farmaceutico, ha infatti provato a sostituire il glifosato con quattro nuovi principi attivi, tra cui il diquat. Il risultato? Una tossicità cronica superiore di 45 volte rispetto alle formulazioni precedenti.

Secondo l’organizzazione Friends of the Earth, il diquat è 200 volte più tossico del glifosato. Un dato che dovrebbe farci riflettere profondamente su cosa stiamo realmente mettendo nel piatto quando acquistiamo cibo proveniente dall’estero.

Le ricerche pubblicate sulla prestigiosa rivista scientifica Frontiers of Pharmacology hanno svelato un quadro inquietante di come il diquat aggredisca il nostro organismo. Non si tratta di un semplice veleno che causa danni immediati, ma di un sabotatore silenzioso che mina le fondamenta della nostra salute.

L’intestino è il primo bersaglio. Il diquat devasta il microbiota intestinale, quell’ecosistema di microrganismi benefici che rappresenta la nostra prima linea di difesa. Quando questo equilibrio viene distrutto, le conseguenze si propagano a cascata in tutto l’organismo. La barriera intestinale, compromessa dall’azione del diserbante, diventa permeabile, permettendo a patogeni e tossine di invadere la circolazione sistemica. È come se le mura di una fortezza crollassero, lasciando la città indifesa agli invasori. Il fegato subisce un bombardamento di proteine infiammatorie che ne compromettono progressivamente le funzioni vitali. I polmoni vengono attaccati nei loro tessuti più delicati, quelli alveolari, causando insufficienze respiratorie che possono diventare irreversibili. Ma il vero pericolo del diquat risiede nella sua capacità di innescare processi infiammatori cronici che non si fermano mai, consumando lentamente i nostri organi dall’interno.

Il paradosso delle frontiere: vietato in agricoltura nei nostri campi, servito sulle nostre tavole

Ecco il paradosso che dovrebbe indignarci: il diquat è vietato in Europa dal 2019, così come in Svizzera, Cina e Regno Unito. Eppure, continua ad arrivare sulle nostre tavole attraverso le importazioni dagli Stati Uniti e Canada, dove viene utilizzato massivamente su patate, cereali, legumi, colza, girasole, riso, frutta e ortaggi.

La stabilità chimica di questa molecola è tale che sopravvive ai normali processi di lavaggio e cottura. Non basta sciacquare le patate o cuocere i cereali: il diquat rimane lì, invisibile ma presente, pronto a fare i suoi danni. La situazione diventa ancora più grave quando parliamo di alimenti trasformati e prodotti per l’infanzia, dove la concentrazione può addirittura aumentare durante i processi industriali.

I controlli hanno le maglie larghe

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha stabilito limiti massimi di residui, ma la realtà è che i controlli a campione delle autorità sanitarie nazionali non coprono tutti i prodotti importati. È come avere un colino per fermare i sassi, ma lasciare passare la sabbia velenosa. Le catene di approvvigionamento globali sono così complesse che diventa quasi impossibile monitorare sistematicamente tutti gli alimenti potenzialmente contaminati. Ogni giorno, prodotti contenenti residui di diquat potrebbero finire nei nostri carrelli della spesa senza che ce ne accorgiamo.

In Europa il diquat non è più approvato per uso agricolo: il suo impiego è vietato dal 12 ottobre 2018. Tuttavia, per alimenti importati da paesi terzi esistono ancora soglie residue legali (MRL- Maximum Residue Level) previste dalla normativa UE (Reg. 396/2005), anche se la sostanza è vietata. Dove non sono definiti limiti specifici, si applica il valore default di 0,01 mg/kg (ossia 0,01 ppm) come Limite Massimo Residuo minimo in base all’art. 18, comma 1(b) del Regolamento (CE) 396/2005. I legumi (fagioli, lenticchie e i piselli), sono stati spesso risultati positivi nelle analisi che misurano i residui di pesticidi.

La difesa è nelle nostre mani

Di fronte a questo scenario allarmante, cosa possiamo fare per proteggere noi stessi e le nostre famiglie?

La prima linea di difesa consiste nel privilegiare prodotti italiani, meglio se biologici e con la filiera completamente tracciabile e verificabile. La tecnologia blockchain come quella utilizzata da Authentico, permette ai consumatori di risalire fino ai campi di coltivazione delle materie prime, conoscendo ogni dettaglio del percorso che ha portato quel prodotto sulle nostre tavole, e verificare le analisi multi-residuali per capire i valori dei pesticidi se presenti.

Dobbiamo prestare particolare attenzione a:

  • Patatine e snack (spesso da patate americane)
  • Cereali per la prima colazione
  • Alimenti per l’infanzia
  • Mangimi per animali (che contaminano indirettamente i prodotti di origine animale)

La tracciabilità per i consumatori non è più un nice-to-have, ma una necessità per la sopravvivenza tra claim ingannevoli. Solo conoscendo l’origine e il percorso dei nostri alimenti possiamo scegliere consapevolmente cosa mettere nel piatto.

Il diquat rappresenta tutto ciò che non va nel sistema agroalimentare globale: l’inganno di sostituzioni apparentemente più sicure, la deregolamentazione che favorisce il profitto sulla salute, la mancanza di controlli efficaci alle frontiere. Ma rappresenta anche la prova che noi consumatori abbiamo un potere enorme: quello di scegliere.

Ogni acquisto consapevole, ogni prodotto tracciabile che privilegiamo, ogni volta che scegliamo la trasparenza e la qualità sulla convenienza, stiamo votando per il futuro che vogliamo. Leggiamo sempre le etichette e l’origine delle materie prime, smettiamo di essere vittime inconsapevoli e diventiamo consumatori informati e determinati a pretendere la verità sul cibo che portiamo in tavola per la nostra famiglia.

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