Etichette ingannevoli, quali sono le parole più abusate sulle confezioni?

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I consumatori sono diventati più attenti a quello che finisce nel proprio carrello, solo che non sempre quello che si legge sulle confezioni corrisponde al vero. Ecco un prontuario di etichette ingannevoli ma legali

Un po’ a causa di un vuoto legislativo in merito, a cui in parte si sta ovviando, e un po’ grazie all’astuzia del marketing, è possibile che finisca nella credenza un prodotto raccontato come “naturale” o “integrale”. Ma sappiamo veramente cosa si cela dietro a questi termini? Quali caratteristiche deve avere un cibo per essere definito naturale o integrale? E anche quando c’è una definizione legale, la dicitura stessa sembra creata apposta per confondere i consumatori, come nel caso delle uova di galline “allevate a terra”. Purtroppo, non sempre quello che riporta la confezione corrisponde alla realtà. Viene minata la ragion d’essere delle etichette stesse. Esse nascono con lo scopo di informare i consumatori, ma rischiano di diventare un mezzo nelle mani dei produttori, per attrarre i clienti e tradire la loro fiducia. Aggettivi usati in modo improprio, giochi di parole, uso di immagini fuorvianti o omissioni nelle descrizioni producono etichette ingannevoli. Tutto a danno dei consumatori.

L’ordine con cui i singoli ingredienti di un prodotto sono riportati in etichetta non è fortuito. Per legge gli ingredienti devono comparire in ordine decrescente di quantità, quindi prima quelli presenti in misura maggiore e poi via via quelli che lo sono in misura minore rispetto al precedente. Oltretutto, per legge, non è previsto l’obbligo di indicare le dosi di tutti gli ingredienti (nemmeno in percentuale), ma solo di quelli che compaiono nel nome e/o nella foto del prodotto (che resta il riferimento normativo nel caso di etichette ingannevoli).

Quali sono le etichette che ingannano i consumatori?

Per fare scelte consapevoli e avere indicazioni precise e trasparenti è necessario valutare bene ciò che si legge, anche se onestamente non sempre è facile districarsi tra simboli e avvertenze. Se consideriamo poi che il prezzo di un prodotto aumenta in maniera significativa quando si acquistano prodotti bio, light, senza lattosio o senza lievito, allora è ancora più lecito pretendere che sia realmente così. Vediamo quali sono le diciture a cui prestare attenzione.

Naturale

Un rapporto pubblicato quest’anno da Safe Food Advocacy Europe evidenzia l’uso fuorviante di questo termine. La composizione di centinaia di prodotti, che riportavano la dicitura “naturale”, contenevano sostanze chimiche e sintetiche tra gli ingredienti.

Tradizionale

Decisamente improbabile che un prodotto industriale abbia questa caratteristica, infatti spesso presentano un’elevata quantità di coloranti e additivi industriali. Tuttavia il sentimento di fiducia che ispira questo termine è sicuramente un’ottima leva di acquisto.

Senza zucchero

Un alimento definito senza zucchero non dovrebbe contenere nessun tipo di edulcorante, mentre invece ritroviamo maltitolo, o sciroppo di maltitolo, usati in quantità abbastanza rilevanti. Solo la sostituzione con il miele, che appartiene ad un’altra categoria merceologica, renderebbe questa dicitura veritiera. Dal punto di vista metabolico, tuttavia, gli effetti di miele, zucchero, maltitolo e tanti altri zuccheri (come sciroppo di glucosio-fruttosio) sono esattamente gli stessi.

Ricco di frutta

La legislazione Ue in materia, stabilisce quale deve essere il contenuto minimo di frutta, ma le regole variano in base al prodotto, dunque il consumatore non sempre sa se si trova di fronte a un succo di frutta o un nettare. Ed anche per il termine “nettare”, parola che evoca la migliore qualità, non abbiamo garanzie. Probabilmente, ci troviamo di fronte ad un succo di frutta il cui ingrediente più nobile è contenuto in una quantità che va dal 25% al 50% ed è diluito con acqua, alla quale vengono aggiunti zuccheri o dolcificanti e aromi (artificiali) per renderlo più buono.

Integrale

I prodotti che si definiscono integrali possono contenere farina integrale, ma può accadere che questa sia solo una piccola parte degli ingredienti o un mix di farina raffinata a cui viene aggiunta la crusca o il cruschello. Nemmeno il colore può essere una garanzia.

Italianità in etichetta

La legge prevede che i prodotti che riportano sulla confezione le diciture made in italy 100% italiano, sono prodotti che, oltre ad essere “Made in Italy” ai sensi della normativa vigente, sono realizzati interamente in Italia, per cui la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano. Tuttavia, la presenza della bandiera sulla confezione, è tollerata anche se non tutti gli ingredienti sono italiani e questo può trarre in inganno. È importante quindi controllare la confezione per avere la certezza che la materia prima sia di origine italiana.

Biologico

Su questa accezione c’è da fare un chiarimento. La Comunità Europea ha determinate regole riguardo la tutela della salute alimentare e l’impiego di sostanze fertilizzanti ed erbicidi esclusivamente di tipo naturale. Invece, Il cibo bio che proviene da Nazioni NON UE, ovvero Stati in cui vigono altre leggi e regolamenti sul biologico, è sottoposto ad altri standard, meno rigidi, per quanto riguarda fertilizzanti e pesticidi, anche chimici. Quindi anche in questo caso è bene fare attenzione al luogo di provenienza degli alimenti.

Di o alla

Bruschette di soia è diverso da bruschette alla soia. Nel secondo caso la percentuale di frumento di soia sarà inferiore al primo caso.


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Il paradosso dell’etichetta

Come nelle polizze assicurative, il diavolo si cela nei dettagli, quelli scritti in piccolo. Più grandi sono le scritte più c’è il rischio di essere ingannati. L’obiettivo e la norma dell’etichetta alimentare è quello di informare il consumatore sulle reali caratteristiche del prodotto, al fine di orientarne al meglio la scelta commerciale. Ciò prevede una totale chiarezza e il divieto verso qualunque tipo di illusione qualitativa e nutrizionale. Ci troveremo sempre di fronte all’incertezza, fin quando non saranno colmati i vuoti legislativi in materia di etichettatura e i consumatori non saranno realmente preparati alla corretta lettura di tutte le indicazioni. Ragionando sullo scopo funzionale dell’etichetta, è possibile che i termini etichetta ingannevole possano essere accostati?  Purtroppo si.


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