Perché una passata di pomodoro può costare solo 39 centesimi?

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E’ il segreto di Pulcinella, i sistemi per vendere sottocosto sono noti a tutti tranne ai consumatori che acquistano una passata di pomodoro a soli 39 centesimi al discount

I risultati dell’indagine affidata dall’Anicav al dipartimento di Economia dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” sul costo industriale di alcune delle confezioni di pomodoro più diffuse, hanno evidenziato  che il costo medio di produzione della bottiglia di passata di pomodoro da 700 grammi è 0,384 euro, quello di una scatola di pomodoro pelato da 500 grammi è di 0,228 euro, e quello del cubettato da 500 grammi è risultato essere di 0,222 euro. A queste cifre vanno aggiunti altri costi che incidono per almeno il 6,5% e comprendono: l’etichettatura, l’imballaggio secondario per lo scatolame, i costi generali e quelli di struttura.

Risultato: una bottiglia di passata di pomodoro da 700 gr. arriva al costo finale di almeno 40 centesimi di € aggiungendo al costo di produzione i costi generali e senza ancora considerare i costi di trasporto.

A questo punto la domanda nasce spontanea: com’è possibile che un produttore possa vendere alla GDO una passata di pomodoro a soli 31,5 centesimi di euro?  Dov’è il trucco ?

Per capirlo facciamo un passo indietro. Come avviene questa svendita? Analizziamo la tecnica delle gare o aste “al doppio ribasso”.

Come funziona un’asta al doppio ribasso

Stiamo parlando di gare che avvengono generalmente online. Il meccanismo è lo stesso di una comune asta: dove da una parte c’è la GDO (spesso discount), che deve acquistare la merce, dall’altra ci sono le aziende fornitrici che fanno l’offerta. Ma qui scatta il sistema del doppio ribasso. Ovvero, in prima istanza l’azienda che fa il prezzo più basso non vince ma serve solo a stabilire il nuovo prezzo della base d’asta, a partire dal quale viene chiesto alle partecipanti di fare una nuova offerta al ribasso. E purtroppo di frequente accade che ci siano aziende che fanno offerte economicamente e socialmente non sostenibili scendendo al di sotto del costo industriale.

Come riuscire a vendere ad un costo inferiore al costo di produzione?

A questa domanda non hanno risposto i professori Francesco Gangi e Eugenio D’Angelo, esperti dell’Università “Vanvitelli” e  autori del lavoro che ha analizzato circa 900 casi tra il 2014 e il 2016, che è stato presentato all’Assemblea Pubblica dell’Anicav all’Apple Academy di Napoli.

Ma la risposta è semplice. Come hanno evidenziato gli industriali presenti all’assemblea è evidente che ci troviamo di fronte ad un mercato inquinato da speculazioni e sfruttamento, dove l’etica è una bella parola sul dizionario, compresa tra ethos ed etichetta.

Tralasciando le attività di “copertura”, le aziende che non pagano i fornitori, quelle che non smaltiscono i rifiuti correttamente o che pagano pochissimo i dipendenti,  quali solo le possibili tecniche per guadagnare vendendo un prodotto al di sotto del costo di produzione?

  1. Hai uno stock di prodotto invenduto da smaltire e ti costa di più tenerlo a magazzino che cederlo sottocosto.
    Ipotesi episodica che se perpetrata nel tempo porta alla chiusura del business
  2. Acquisti la materia prima di qualità ad un prezzo più basso di quello stabilito dalle contrattazioni ingenerando uno sfruttamento dell’agricoltore che a sua volta potrebbe attivare uno sfruttamento della manodopera (leggasi caporalato)
  3. Acquisti materia prima di scarsa qualità, forse importata, ad un prezzo decisamente inferiore. Commettendo un illecito quando si dichiara una provenienza fasulla dei pomodori (come ad esempio i pomodorini del piennolo DOP)  e sicuramente ingannando i consumatori

Le aste al doppio ribasso sono una pratica commerciale sleale e andrebbero vietate per legge o ostacolate come ha fatto la Francia. Queste gare al massacro hanno un effetto a cascata disastroso, ogni attore della filiera finisce per rivalersi su quello più debole: le aziende strozzate dalle aste online cercano di ottenere il prodotto a prezzi più bassi e i produttori provano a risparmiare sul costo del lavoro.

Od onor del vero, va ricordato che non tutti marchi della Grande Distribuzione Organizzata usano il meccanismo della doppia asta. Nel giugno 2017 Federdistribuzione, Conad e Coop firmarono un codice etico promosso dall’ex ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina contro questo meccanismo di aggiudicazione delle forniture alimentari.

Come è emerso dal convegno Anicav, non bastano le leggiil futuro dell’industria del pomodoro, e della coltivazione in Italia della materia prima, si gioca sulla capacità della filiera di essere unita e coesa, rifiutando di partecipare alle aste al ribasso e prefiggendosi un obiettivo strategico: riuscire a spuntare prezzi più elevati sul prodotto finito, in modo da remunerare equamente tutti gli attori della filiera per il mantenimento della qualità italiana che non può divergere dai valori di sostenibilità ambientale ed economica.

Il consumatore può essere considerato un po’ complice di questo perverso meccanismo ?

Giovanni De Angelis Anicav

Come da ricordato il Direttore Generale di Anicav, Giovanni De Angelis: «Il costo industriale individuato, con l’aggiunta dei “costi generali di struttura” – che, pur variando da azienda a azienda, hanno comunque un’incidenza significativa –, e del “giusto” margine, potrà rappresentare per il consumatore un prezzo di riferimento che garantisca qualità del prodotto e sostenibilità etica ed ambientale».

Ancora una volta si conferma che le scelte dei consumatori sono determinanti per un’alimentazione sostenibile.

 

Le altre interviste degli interventi all’Assemblea Pubblica Anicav potete vederli sul sito Food.

Credits immagine copertina: Rapporto SPOLPATI di Francesco Paniè e Lorenzo Misuraca

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