5 incredibili cose che non sapevi sulla Finocchiona

5 incredibili cose che non sapevi sulla Finocchiona

Ha un gusto selvatico e dolce, molto morbido al palato, ed è certamente la signora degli insaccati toscani. Ma sei sicuro di sapere davvero tutto sulla Finocchiona? Ti sveliamo 5 curiosità per conoscerlo ancora meglio

La caratteristica che rende unica la Finocchiona è il deciso ed inconfondibile aroma del finocchietto nell’impasto. Mangiarne una fetta è come fare un viaggio nella Toscana più autentica, alla scoperta delle tradizioni contadine e dei borghi meno conosciuti.

Un prodotto di qualità che osserva un disciplinare ben preciso di lavorazione, a partire dalle carni selezionate. La Finocchiona ha ottenuto il riconosciuto IGP (Indicazione Geografica Protetta) nel 2015.

Il Consorzio di tutela, nato nel 2015, riunisce oggi 44 produttori che esportano il meglio del Made in Italy in 28 paesi del mondo. La zona di produzione della Finocchiona IGP ricade nell’intero territorio della regione Toscana, area in cui deve essere svolto l’intero ciclo di lavorazione, comprese le operazioni di affettamento e confezionamento.

Ecco le 5 curiosità che forse sapevi o forse no

1 – Da cosa deriva il nome Finocchiona?

L’origine risale al Medioevo, quando i norcini non potendo usare il pepe, perché troppo raro e costoso, pensarono di aggiungere all’impasto quello che Madre Natura metteva a disposizione nei campi e sulle colline toscane: i semi di finocchio. Questi  venivano aggiunti abbondantemente all’insaccato, ma non per conservarne la carne, quanto piuttosto per nasconderne l’eventuale deterioramento. Nasceva così la Finocchiona, tipico salume toscano  che, nel corso dei secoli successivi, fu ancora più apprezzata e amata, diventando la “regina” delle tavole imbandite nobiliari e delle osterie più popolari della Toscana.

2 – Qual è l’origine della Finocchiona?

L’allevamento dei maiali in Toscana è riconducibile alla tradizione etrusco-latina: Plinio narra che, l’Etruria, che comprendeva Toscana, era solita spedire ogni anno ventimila suini da macello a Roma. La finocchiona era apprezzata già nel’400 e si racconta che Niccolò Machiavelli fosse un grande estimatore, tanto da non farlo mai mancare durante i pasti. Anton Francesco Grazzini, scrittore fiorentino del’500, in un suo componimento, parlava dell’uso del finocchio in un tipo di salsiccia che si produceva e veniva consumata a Firenze.

L’uso comune del termine “Finocchiona” si ritrova anche in molte testimonianze storiche tra Ottocento e Novecento. Nel 1875 viene citata nel Vocabolario della lingua parlata di Rigutini e Fanfani, nel 1889, invece, nel Vocabolario degli Accademici della Crusca. In epoca moderna un ulteriore riconoscimento alla tipicità della Finocchiona è stato dato dalla Treccani che nel 1956 la inserisce come “Salume tipico toscano” nel Dizionario Enciclopedico Italiano. La paternità di questo salume è rivendicata sia da Campi Bisenzio che da Greve in Chianti.

 3 – Da dove viene il termine “infinocchiare”?

I chiantigiani sono soliti affermare: “come gli abili parrucchieri sono capaci di far sembrare piacente anche la donna più brutta, così l’aroma della finocchiona è capace di camuffare il sapore anche del più imbevibile vino”. Il detto si riferisce ad una curiosa usanza popolare: alla fine del XIX secolo i nobili fiorentini si recavano nelle campagne intorno a Firenze a comprare il vino dei contadini. Questi li accoglievano con una buona colazione a base di pane, finocchiona e un bicchiere del vino rosso, che doveva essere venduto.

Il forte aroma della finocchiona serviva in realtà ad alterare il palato e confondere l’olfatto dei nobili acquirenti che avrebbero certamente comprato il vino valutandolo ottimo e privo di difetti. Pare che proprio da questa tecnica nasca il verbo “infinocchiare” che significa, per l’appunto, prendere in giro, per i fondelli!

4 – Come si fa la Finocchiona?

Essendo un prodotto IGP, la Finocchiona è garantita dal disciplinare che ne specifica anche l’esatta esecuzione. Per produrla bisogna necessariamente usare il maiale italiano allevato per almeno 9 mesi all’interno del territorio toscano. Di questo si prendono sia tagli magri che tagli più grassi, come ad esempio la spalla disossata, la coppa e la pancetta.

Dopo essere passati nel trinciacarne, si mettono in un grande contenitore e si aggiungono sale, pepe macinato, pepe nero in grani, semi di finocchio. In fase finale, il composto viene bagnato con il vino rosso del Chianti. Dopodiché l’impasto viene inserito in un budello naturale per poi passare alla fase dell’asciugatura a una temperatura compresa fra i 28° e i 25°. La stagionatura, invece, deve essere della durata di almeno 5 mesi.


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5 – Che differenza c’è tra la Finocchiona e Sbriciolona?

La Sbriciolona è una variante della Finocchiona. Ha una stagionatura piuttosto breve (dai 15 ai 45 giorni) rispetto alla finocchiona (dai 2 ai 5 mesi). È preparata con un impasto tagliato più grossolanamente e deve essere tagliata in fette più alte, rispetto al salume più secco, perché tende a sgranarsi. Ha un diametro che più arrivare anche a 20 cm e un sapore più fresco e aromatico. Risulta un salume meno pregiato, spesso prodotto solo a livello industriale e quasi sempre per attirare i turisti.


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Nella tradizione toscana la Finocchiona viene gustata da sola o accompagnata dal pane casereccio, tipicamente senza sale, ma è ottima anche con focacce e con le schiacciate salate, accompagnata da verdure cotte. L’abbinamento più famoso è quello con le fave fresche o con il pecorino toscano.

Il sapore della Finocchiona IGP, così gustoso e ricco, si sposa bene con un bicchiere di vino rosso, meglio se toscano come un Chianti, ma anche con le bollicine o le fragranze delle birre artigianali.